Hanno ammazzato Paolo. Paolo è vivo.

Hanno ammazzato Paolo. Paolo è vivo.
Hanno ammazzato Paolo ed è la cruda realtà. Perchè nessuno potrà mai restituircelo: nessun pentimento, nessun ricordo, nessun processo, nessuna fiaccolata, nessun linciaggio sui social o davanti le caserme, nessuna vendetta potrà mai farlo.
Ma Paolo è vivo.
Paolo è vivo nelle parole della madre, nella sua sete di giustizia ma non di vendetta, nella sua fame d’amore e non di odio, nella sua richiesta ai giovani di vivere una vita degna di questo nome.
Paolo è vivo nei suoi amici, quelli veri, quelli che all’odio e all’ignoranza preferiscono verità e giustizia, quelli che fanno fronte comune contro paura e omertà.
Paolo è vivo in tutti noi che siamo stati figli e che la sera uscivamo perchè la giovinezza è l’età spensierata, perchè c’è tempo per i problemi della vita ed è bello non avere alcun pensiero che non sia “dove ci vediamo stasera?”
Paolo è vivo in tutti noi che siamo genitori, lacerati dalla voglia di proteggere i figli dal male che c’è nel mondo e insieme dalla necessità di farli uscire dal nido perchè abbiano la libertà di vivere, amare, anche sbagliare.
Paolo NON VIVE però in una comunità omertosa, perchè dove c’è omertà e silenzio non c’è giustizia. Paolo vive in coloro che in questi giorni sono andati dalle forze dell’ordine a testimoniare il loro doloroso ricordo per dare il loro contributo di giustizia.
Paolo NON VIVE nella rabbia, nell’odio e nel desiderio di vendetta di alcuni secondo i quali la vera giustizia è quella dell’occhio per occhio, perché con occhio per occhio diventiamo tutti CIECHI. Paolo vive in chi ha fede nella giustizia giusta, quella per cui chi sbaglia paga e paga secondo le regole, e le regole sono universali, valgono per tutti, non poco per alcuni e troppo per altri.
Paolo NON VIVE nelle minacce da tastiera, negli sfogatoi on line e off line, negli insulti inutili e vuoti che alimentano solo un odio fine a se stesso. Paolo vive nelle parole laiche e cristiane dei familiari che perdonano ma pretendono certezza della pena : concetti altissimi che, detti in momenti di profondo dolore, denotano una nobiltà d’animo veramente fuori dal comune.
Paolo NON VIVE in chi esce la sera col coltello in tasca, che sia per esibizionismo o per farne uso. Vive in chi la sera esce con un fiore per la fidanzata o con una bottiglia da dividere con gli amici. Non vive nel branco perché il branco non ragiona ma attacca con istinto e crudeltà animaleschi, vive nelle comitive perché sa che c’è sempre un amico di cui fidarsi che ti protegge, ti rimprovera se sbagli e ti porta via.
Paolo NON VIVE in chi punta il dito in cerca di responsabilità, perché se la responsabilità è personale, le colpe di queste violenze vanno divise e tutti ne portiamo un pezzetto, ognuno per la nostra parte, ognuno per quello che ha fatto o per quello che non ha fatto : pochi controlli di polizia, alcool facile per tutti, famiglie che lasciano i figli allo sbando, scuole, atteggiamenti, culti della personalità, mode e modelli sbagliati. Ma Paolo vive nell’esempio che dobbiamo dare noi stessi alla società, perché se la colpa è di tutti, alla fine non è colpa di nessuno.

Essere genitori, figli, amici, uomini e donne che, attraverso comportamenti, fatti, esempi, migliorano la società e in primo luogo noi stessi, con la speranza che la lezione di Paolo non sia vana, perché in tutto questo, anche se hanno ammazzato Paolo, Paolo è vivo.