L’anticamera del khomeinismo

La morte di Maurizio Costanzo mi ha fatto ripensare alla famosa trasmissione in staffetta con Santoro dedicata alla lotta alla mafia. Samarcanda andava in onda dal Teatro Biondo di Palermo, il Maurizio Costanzo Show, ovviamente, dal Teatro Parioli.
Tra Palermo e Roma erano presenti numerosi ospiti. Tra gli altri, Leoluca Orlando, un giovanissimo Totò Cuffaro (il quale non era ospite ma intervenne dalla platea del pubblico), Giovanni Falcone, Rita Dalla Chiesa, Claudio Fava, Giovanni Impastato e l’avvocato Alfredo Galasso.
La trasmissione è datata 26 settembre 1991 e, tra le altre cose, ha fatto registrare uno scontro verbale tra Falcone e Orlando e anche tra lo stesso Falcone e Galasso, il quale disse al giudice – che era già a Roma alla direzione degli Affari Penali, chiamato da Martelli dopo una lunga teoria di umiliazioni e vessazioni che ebbe a sopportare a Palermo – “Giovanni Falcone farebbe bene ad allontanarsi il prima possibile dai palazzi ministeriali perché mi pare che l’aria non gli fa bene proprio […] Giovanni, non mi piace che stai dentro il palazzo del Governo, non mi piace”. Chi volesse vedere il video completo può andare su Youtube.

Intervistato dall’Adnkronos oltre vent’anni dopo, Galasso dichiarò che “Continuo a essere convinto tuttora che se Giovanni Falcone fosse rimasto a Palermo sarebbe stato meglio anche per lui e per la sua difesa personale. Ciò che non sapevo all’epoca e che mi portò ad avere questo tono polemico con il giudice Falcone, era che Giovanni nell’immediato non ha potuto dirlo, ma aveva raggiunto un punto di rottura con l’allora Procuratore di Palermo, Pietro Giammanco. E a quel punto Falcone decise di raccogliere l’invito dell’allora ministro della Giustizia Claudio Martelli e lavorare a quel livello a Roma”.
Ciò che non dice Galasso è che pochi giorni prima della trasmissione, presentò assieme a Leoluca Orlando e Carmine Mancuso un esposto al CSM dove si chiedevano spiegazioni su presunti insabbiamenti da parte della procura palermitana nelle indagini per i delitti Reina, Mattarella, Insalaco, Bonsignore e su molto altro.

E’ solo l’ultimo attacco da cui Falcone dovette difendersi: nel 1990 sempre Orlando lo accusò – sempre a Samarcanda – di tenere certe carte nei cassetti invece di utilizzarle per indagare su delitti eccellenti. E dovette anche difendersi da parecchie illazioni a mezzo stampa, per aver denunciato per calunnia il pentito Pellegriti che addebitò falsamente a Salvo Lima la responsabilità di una serie di omicidi. Il giudice fiutò subito la mendacità delle dichiarazioni del pentito e lo denunciò, vedendosi accusato poi, sulla stampa, di essere il protettore di Lima e Andreotti. Invece aveva semplicemente fatto il suo lavoro: aveva indagato, lo aveva fatto bene e aveva scoperto la menzogna.

Secondo Martelli, intervistato da Santoro nel 2009, Orlando ce l’aveva con Falcone perchè “aveva riarrestato l’ex sindaco Vito Ciancimino con l’accusa di essere tornato a fare affari e appalti a Palermo con sindaco Leoluca Orlando, questo l’ha raccontato Falcone al Csm per filo e per segno”.

Falcone dovette dunque difendersi davanti al Consiglio Superiore della Magistratura da queste e altre accuse contenute nell’esposto: venne audito il 15 ottobre 1991 e quelli che seguono sono stralci davvero molto interessanti delle dichiarazioni che fece mettere a verbale.
Il giudice, dopo aver confutato con precisione i punti dell’esposto, si lascia andare ad amare considerazioni sul livello della lotta alla mafia nel nostro paese.
E sono questi pensieri che mi interessa riproporre.

Sul terzo livello.
Non esistono vertici politici che possono in qualche modo orientare la “politica” di Cosa Nostra. E’ vero esattamente il contrario. Credo di averlo dimostrato in più occasioni. Il terzo livello, inteso quale direzione strategica, che è formata da politici, massoni, capitani d’industria, eccetera e che sia quello che orienta Cosa Nostra, vive solo nella fantasia degli scrittori: non esiste nella pratica. Esiste una situazione estremamente più grave e più complessa, perché più articolata.
Affermo che non parlare del terzo livello non è un fatto benefico a favore della classe politica, perché magari ci fosse un terzo livello! Basterebbe una sorta di Spectre, basterebbe James Bond per togliercelo di mezzo. Ma non è così. Abbiamo dei rapporti molto intensi, molto ramificati e molto complessi. Questo è il punto cruciale su cui bisogna lavorare. Questo ho sostenuto allora e devo dire che questi anni mi hanno sempre più rafforzato in questa idea.

Su Orlando e la cultura del sospetto.
E’ sul punto metodologico nascono i dissensi tra me e Orlando. Non si può investire della cultura del sospetto tutto e tutti. La cultura del sospetto non è l’anticamera della verità, la cultura del sospetto è l’anticamera del khomeinismo.
Non si può andare avanti in questa maniera, questo sia chiaro, non è possibile: questo è un linciaggio morale continuo. Io sono in grado di resistere, ma altri colleghi un po’ meno. Io vorrei che voi vedeste che tipo di atmosfera c’è per adesso a Palermo. Ma veramente non lavorano più! Si trovano in una situazione estremamente demotivata e delegittimata, sono guardati con estremo sospetto da tutti.
Diceva Dalla Chiesa, nel suo diario, che Palermo è una “città di prestigio” e lui stesso ha messo questa frase bellissima fra virgolette.
Facendo in una certa maniera, come fanno oggi loro, le conseguenze saranno incalcolabili. Ma veramente incalcolabili.

Sul caso Pellegriti e sui limiti del pentitismo.
Dalle stesse dichiarazioni di Pellegriti viene fuori la prova del suo mendacio. Ma il nostro dramma, il guaio di tutto quanto è avvenuto in Italia per quanto attiene alla gestione dei pentiti è stato di non riuscire a discernere quello che è utile e quello che non è utilizzabile.
Io ricordo che un giorno due pentiti, addirittura, dicevano fra di loro, si contestavano chi è che dovesse assumersi la responsabilità non dell’omicidio, perché l’omicidio se lo erano assunti tutti e due, ma la responsabilità di avere sparato. Quelli dicevano: “ho sparato io”, “ma no, ho sparato io”, “ah, va bene, hai sparato tu”.

Sulla lotta alla mafia.
Se ne parla fin dalla relazione Sonnino-Franchetti del 1875 di questi rapporti tra mafia e politica, di questa specificità del fenomeno mafioso.
Nella relazione alla Commissione Antimafia del 1972 – quella presieduta da Cattanei – si pone l’accento proprio sul fatto che la mafia esiste prima dello stato unitario, ma che è riuscita a sfruttare tutte le storture, tutte le magagne dello sviluppo economico. Non mafia frutto del sottosviluppo del Mezzogiorno d’Italia, ma mafia che sa adeguatamente trasformarsi e seguire tutto lo sviluppo della società siciliana e non solo siciliana.
Io penso che la istituzione, il mantenimento di strutture salde della repressione, della forza statale in zone in cui, proprio dall’assenza dello Stato si sono giovate per giungere a certi risultati, ecco, tutto questo dona delle precondizioni per consentire lo sviluppo e il decollo del Mezzogiorno d’Italia.
Quindi sono convinto non che la via giudiziaria sia una bella scorciatoia per risolvere i problemi politici, gabellandoli come problemi di mafia, tutt’altro, ma che la presenza dello Stato è fondamentale in una zona per combattere certi fenomeni che, prima che economici e sociali, sono fenomeni di squisita pertinenza dell’area criminale. Sono anche un fatto sociologico, ma sono soprattutto e prima di tutto un fatto penale. Se così è, io credo che la risposta a questa difficilissima domanda non possa che essere interlocutoria fino a quando non ci renderemo conto che un problema serio come la mafia deve essere affrontato in maniera altrettanto seria, fino a quando non sì comprenderà che la mafia non sì può combattere a correnti alternate.

Battiato, dieci (strata)gemme

Il 18 maggio 2021, Franco Battiato ci ha lasciato. In questo mese o poco più, ho scelto dieci brani della sua sterminata produzione musicale, per provare a spiegare a me stesso e a chi avrà la pazienza di leggermi, cosa c’è dentro Battiato. Un piccolo approfondimento su un artista, mio conterraneo, che ho tanto apprezzato e che è, insieme a Fabrizio De Andrè, nella mia personale diarchia musicale.

10 – Di Passaggio

Di passaggio”, dall’album “L’imboscata”.
Come condensare un trattato di filosofia in una canzone? Se vuoi saperlo ti basta ascoltare il pezzo. Si apre con la profonda voce narrante di Manlio Sgalambro che cita in lingua originale un frammento del filosofo Eraclito di Efeso: «il vivo e il morto, il desto e il dormiente, il giovane e il vecchio sono la stessa realtà: questi infatti mutando sono quelli, e quelli di nuovo [mutando] sono questi.» È il tema dello scorrere del tempo, caro al filosofo del panta rei (tutto scorre), citato da Franco nel testo con un altro famoso frammento: “non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume”. Accompagnato da un reef di chitarra tra i più belli e coinvolgenti mai sentiti, Battiato spiega che siamo di passaggio : tutto cambia ed è impossibile fermare il tempo, e mentre ci affanniamo nei nostri stupidi passatempi, nei nostri futili problemi, nelle sciocchezze di tutti i giorni, “intanto passa ignaro il vero senso della vita”.
E qual è questo senso? Ce lo spiega alla fine, con un’altra citazione in greco, questa volta del poeta Callimaco, cantata assieme ad Antonella Ruggiero. Eccola: «Dicendo “Addio sole!” Cleombroto d’Ambracia si gettò nell’Ade da un alto muro: non gli era accaduto alcun male degno di morte; aveva solo letto uno scritto, quello di Platone sull’anima.» Lo scritto di Platone sull’anima è il Fedone, in cui Socrate parla dell’immortalità dell’anima. Il corpo muta e muore ogni istante della nostra vita; l’anima invece è immortale e proprio per questo non bisogna avere paura della morte, anzi si deve imparare, nel corso della nostra vita ad accettarla serenamente.
Dunque il senso della vita è imparare a morire. Acquisire consapevolezza del “dopo”, capire che il corpo è il carcere dell’anima e che solo con la morte essa sarà libera. Così ha fatto anche lo stesso Battiato.

9 – LACRIME E PIOGGIA

“Lacrime e pioggia”, dall’album “Franco Battiato”
Parliamo di una cover. Franco nel 1982 interpreta il grandissimo successo degli Aphrodite’s Childs “Rain and tears”. Interpretata da tanti altri artisti italiani e stranieri, Rain and Tears è a sua volta, possiamo dire, una cover: infatti è un adattamento del meraviglioso “Canone” di Johan Pachebel. La straordinaria idea di Vangelis fu di riproporre il giro armonico di Pachebel e di affidare alla potente voce di Demis Roussos un romantico testo da affiancare al celebre motivo. Il testo fu tradotto in italiano dal paroliere Vito Pallavicini e interpretato da Battiato con la consueta maestria.

8 – INNERES AUGE

“Inneres Auge”, dall’omonimo album “Inneres Auge – Il tutto è più della somma delle sue parti”.
Dopo “Povera Patria” torna il Battiato politico, con una dura invettiva contro il malcostume della politica italiana, della “gente infame che non sa cos’è il pudore”. Sono i tempi delle famose “cene eleganti” del Cavaliere e il buon Franco non gliele manda certo a dire, nell’incipit iniziale :
“Uno dice che male c’è
A organizzare feste private
Con delle belle ragazze
Per allietare primari e servitori dello stato?
Non ci siamo capiti
E perché mai dovremmo pagare
Anche gli extra a dei rincoglioniti?”

Inneres Auge in tedesco significa “occhio interiore”, facoltà che permette ai mistici orientali di vedere le anime e di capirne la purezza in base al colore di esse. Oggi i modelli sono le anime nere dei potenti che dettano mode e diffondono il malcostume : sono coloro che, in un immaginario sistema di assi cartesiani, seguono “la linea orizzontale” che ci “spinge verso la materia”, mentre si dovrebbe seguire quella verticale che conduce verso lo spirito .L’uomo di cultura non può fare altro che trovare rifugio solo nella musica e nella poesia, e basta una sonata di Corelli per ritrovare la meraviglia del creato.

7 – L’OMBRA DELLA LUCE

“L’ombra della luce”, dall’album “Come un cammello in una grondaia”.
Il testo è un’invocazione, una preghiera verso l’essere supremo. Una canzone dalla spiritualità molto alta, di cui allego la meravigliosa versione in arabo (sottotitolata), cantata allo storico concerto di Baghdad, nell’Iraq di Saddam Hussein.
C’è tutto il misticismo di Battiato in questa poesia, i riferimenti alla reincarnazione, l’invocazione alla divinità di proteggere e difendere l’uomo nei momenti in cui è più indifeso, e la consapevolezza che anche le gioie più belle che passerai in questa vita, i piaceri più intensi e vivi, non sono altro che l’ombra della luce.
La nostra vita, infatti è solo una proiezione, l’ombra della vita celeste.
E chissà se il nostro, scrivendo questo testo non si sia ispirato, oltre ai mistici orientali e a Platone, anche a Giordano Bruno che, nel suo “De umbris idearum”, scriveva: “Invero nell’orizzonte della luce e delle tenebre nient’altro possiamo comprendere che l’ombra”.

6 – L’ANIMALE

“L’animale” dall’album “Mondi lontanissimi”.
“Vivere non è difficile, potendo poi rinascere cambierei molte cose”.
È l’incipit del brano, che già va controcorrente verso una certa tendenza dei giorni nostri a non voler cambiare niente di sé stessi. Ci riteniamo perfetti e se facciamo qualcosa di sbagliato, rifaremmo comunque quello che abbiamo fatto. Lo si legge in continuazione, anche qui sui social.
Perché? Perché siamo talmente egoisti ed egocentrici da non voler migliorare, andiamo fieri dei nostri errori invece di usarli per superarli.
Ed è il continuo incontro scontro tra passione e spirito, tra le pulsioni autodistruttive dell’es e le tensioni etiche del super-io teorizzati da Freud che Franco Battiato sintetizza magistralmente nel testo, oltre alle teorie del suo maestro Gurdjieff, su cui si basa gran parte della sua produzione.
L’animale che è dentro di noi ci rende schiavi delle passioni e non ci consente di innalzarci verso le stelle, verso una nuova evoluzione.
Ed è nel verso finale che si cela il vero dilemma : “e l’animale che mi porto dentro vuole te”. Rinunceremmo alle stelle per trovare l’amore?

5 – TUTTO L’UNIVERSO OBBEDISCE ALL’AMORE

“Tutto l’universo obbedisce all’amore”, dall’album “Fleurs 2”, e con la partecipazione di Carmen Consoli.
Potrebbe essere una risposta al dilemma dello scorso brano : rinunceremmo alle stelle per trovare l’amore?
Se le leggi eterne che regolano l’intero universo si piegano alla forza dell’amore, allora forse le stelle sono dentro di noi.
La schiavitù delle passioni terrene – sempre quelle de “L’animale” – ci impediscono di elevarci verso l’infinito. Però qui non si tratta di semplici pulsioni, ma dell’amore nel senso più alto del termine. Attraverso l’amore è la strada per l’assoluto, come si esplicita nella meravigliosa strofa “ed è in certi sguardi che s’intravede l’infinito”.
Tutto passa attraverso la vita in due, descritta dalla penna di Manlio Sgalambro: “rara”, “fatta di lievi gesti”, dove ci si muove “come ospiti, con delicata attenzione, per non disturbare”.
Per una coppia, non c’è augurio migliore di questa canzone, e per questo la dedico alla “mia”, di coppia.

4 – GLI UCCELLI

“Gli uccelli”, dall’album “La voce del padrone”.
L’album più popolare di Franco è un vero e proprio scrigno di gemme. Difficile scegliere tra le tante, ma “Gli uccelli” è una di quelle canzoni che devi sentire rigorosamente ad occhi chiusi per poterla apprezzare al meglio. Devi immaginare.
Battiato in questo brano coniuga in modo esemplare musica e poesia. A cominciare dal maestoso “largo” iniziale che, con sonorità ritmate alte e basse, sembra riprendere il calmo volo di un aquila. Ogni strumento musicale è scientemente usato per portare alla mente un’immagine : è così anche nel finale, dove il synth sembra un frullio rapido d’ali e i trilli acuti dei flauti un armonico cinguettio.
Oltre la musica, la poesia : gli uccelli popolano la sfera celeste, altrimenti tristemente vuota, e la solcano come macchine perfette seguendo “codici di geometria esistenziale” che “nascondono segreti di questo sistema solare”.
Sognare di volare come gli uccelli è sempre stata la massima aspirazione dell’uomo, noi ci accontentiamo di volare col pensiero, grazie a questo meraviglioso brano.

3 – NOMADI

“Nomadi”, dall’album “Fisiognomica”.
Il misticismo di Battiato è molto presente in “Fisiognomica”, che raccoglie diverse perle di difficile comprensione per chi non ha confidenza con la spiritualità orientale.
“Nomadi” non fa eccezione, perché partendo dal nomadismo come condizione di felicità umana, attraverso il tema del viaggio, si arriva al nomadismo dell’anima.
Il camminatore cerca pace e ospitalità: quando è dove potrà trovarle?
Quando: al crepuscolo del giorno, che rappresenta anche quello della vita.
Dove: alla fine della strada, il traguardo reale e metafisico dove il cerchio della vita si chiude e si entra, addormentandosi “sopra i guanciali della terra”, nei “bassifondi dell’immensità”.
È un “invito al viaggio”, alla rinuncia delle radici, delle passioni e del caos della mondanità, per raggiungere, camminando come solo i nomadi sanno fare, la pace e la tranquillità dello spirito, annullandosi in esso.

2 – UP PATRIOT TO ARMS

“Up patriot to arms” dall’album “Patriots”
Più di 40 anni fa Franco descriveva in questo storico pezzo la società odierna. L’attualità del brano è sconvolgente perché dipinge nei minimi dettagli lo stato di coma culturale della nostra società.
Il fanatismo di quelli che seguono gli ayatollah Khomeini di oggi; gli storditi dai fumi e raggi laser, effetti speciali di una società che vuole burattini e non esseri pensanti; la mercificazione del concetto di rivoluzione, la commercializzazione di falsi miti.
Tutto questo e tanto altro sta dentro Up patriot to arms, che altro non è che un desiderio di rivoluzione contro la mediocrità. Rivoluzione prettamente culturale, che deve partire da ognuno di noi, che “siamo delle lucciole che stanno nelle tenebre”.

1 – TORNEREMO ANCORA

“Torneremo ancora”, dall’omonimo album del 2019, l’ultimo.
Quando ascoltai per la prima volta questo capolavoro, pensai che veramente fosse il testamento dell’uomo e dell’artista. Lo si intuiva dal modo di cantare, così fragile, accorato e intenso.
Chiamiamolo pure testamento, eppure è più che altro un messaggio. Che succederà quando moriremo? Per la filosofia di Battiato “torneremo ancora, ancora e ancora”. L’anima rinasce ad altra vita sconfiggendo la morte, e continuerà a rinascere fin quando non riuscirà a liberarsi dai legami delle passioni. E quando sogniamo, in realtà viviamo dei frame di vite già vissute.
Per dirla con le parole dell’artista stesso : “Tutti noi siamo esseri spirituali. Siamo in cammino verso la liberazione. Fino a quando non saremo liberi, torneremo ancora, più volte, a questa vita terrena. L’esistenza è ciclica e si ripete fino a quando l’anima non sarà del tutto libera dalle emozioni perturbatrici dell’ego che la tiene avvinta. Siamo esseri schiavi delle nostre emozioni, che ci dominano. La liberazione, invece, non può avere legami”.
L’anima senza legami, come i “migranti di Ganden in corpi di luce”, viaggia attraverso sentieri invisibili verso la definitiva liberazione.

È un pensiero, anzi una filosofia, amorevole e confortante, specialmente per chi ha perso qualcuno di caro, e per tutti noi che abbiamo perso Franco Battiato.

Millennium

Andammo a Roma in treno.

Un viaggio di più di 12 ore tra puzza di piedi nello scompartimento e profumo di arance portate da qualcuno di noi per uno spuntino notturno. Alle 4 di mattina chiedemmo assonnati al controllore “dove siamo”, e lui, esistenzialista: “sul treno”. Per poi scoprire che eravamo all’altezza di Sapri, famosa per la spigolatrice di Sapri, che non avevamo mai capito che mestiere facesse, se vendesse branzini o spigole appunto, o se fosse semplicemente un po’ zoccola.
Ad ogni modo, ultimo cambio Tiburtina – Termini ed eccoci nella città eterna.

È il 31 dicembre del 1999 e Roma ci accoglie con il suo vestito migliore: un freddo buttano, puzza ovunque e delinquenti che si aggirano famelici nella zona della stazione. Ci diciamo di parlare tra di noi in siciliano, così gli pare che siamo mafiosi e non ci rompono i coglioni.
Siamo all’hotel Marsala in via Marsala, di fronte Termini. Non so se perché fosse l’unico tugurio disponibile per quello storico fine millennio o se per ricordarci le nostre radici sicule. Comunque la stamberga ci bastava: avevamo una quintupla con lavandino in camera, altrimenti cesso al piano.
Molti di noi preferirono usare il lavandino.


C’era l’offerta al Mcdonald: 1 cheeseburger 1000 lire. Ne approfittammo bassamente a pranzo, ordinando a una stupita cameriera 34 cheeseburger, che verso il quarto o quinto ti senti il palato completamente foderato tipo carta forno e inizi a avere serissimi problemi di deglutizione. Ci siamo rifatti a cena però : cenone di capodanno in camera con tonno spalmabile su cracker e pane bianco. Si doveva fare presto: Piazza del Popolo e il concertone ci aspettavano.


Via del Corso era un fiume di gente, riuscimmo a malapena ad entrare nella piazza, appoggiati e pressati sulla facciata di Santa Maria dei Miracoli, quando Ligabue scatarrò i primi accordi di chitarra: tre o quattro che ripeté per tutta la durata del concerto. Però bello fu: Certe notti, Una vita da mediano, Urlando contro il cielo, A che ora è la fine del mondo.


E poi la mezzanotte: addio secondo millennio, benvenuto terzo millennio. L’esplosione contemporanea di centomila bottiglie di spumante ci frastornò, lo spumante benedisse tutti noi come una pioggia d’argento. Eravamo tutti fratelli, ci abbracciammo con gente di tutti i tipi, ci scambiammo pacche, baci e colpi di lingua con sconosciute compagnie.
Ci ubriacammo di vita.


Non avevamo fatto i conti però con Rita Pavone.


Rita Pavone che dopo la mezzanotte, giusto per cominciare il millennio di merda, prese il posto di Ligabue sul palco. E giustamente duecentomila persone decisero di andarsene contemporaneamente.
Si creò una pericolosissima pressione perché la gente non riusciva a defluire e spingeva, spingeva fino a schiacciarci contro le mura della chiesa. Riuscimmo ad arrampicarci sopra un enorme vaso, ad altezza d’uomo, pieno di piante grasse. Bestemmiando vedemmo gente salire sopra i tetti delle ambulanze per sfuggire alla calca. Ci spinammo fino a quando ci sentimmo sicuri di poter andare via.

Percorremmo via del Corso stanchi, puzzolenti, pieni di spine e morti di freddo. Tutto era chiuso eccetto un faro di luce alle 4 del mattino,un pub, il Bottigliere. “Cosa prendete?” “6 cappuccini grazie”.
Tornammo in hotel consapevoli di essere stati nella storia, anche se la storia di gente come noi se ne fotteva. “Ragazzi ma domani mattina non ci dobbiamo andare a vedere il Papa?” “Sì, non ti preoccupare vi sveglio io”.
Il povero Giovanni Paolo ancora ci aspetta.

Comunione laica

È appena iniziato Mazinga su Odeon TV, gli anni ’80 che esplodono fuori e tu, nella tua splendida fanciullezza senza pensieri, che chiedi “zia, me la prepari la merenda?”
“E che ti faccio? Pane, burro e marmellata? Pane burro e sale? O pane con l’olio?”

Il pane con l’olio.
Il pane di paese, quello tondo, muddicusu, così fragrante che quando lo odori senti la terra che ne ha generato le spighe. La sua sacralità che si sublima quando i vecchi lo baciano, se per sbadataggine lo fai cadere a terra, e che si consacra quando un filo d’olio, preso dalla pesante giara di terracotta, gli si deposita sopra.
L’olio si compiace di finire sul pane, ne colma l’alveolatura, si distende uniforme sulla fetta coprendola come un vello d’oro di mitologica memoria. E come il vello d’oro, che aveva il potere di curare le ferite, l’olio ti guarisce dalle tue ansie e dagli affanni con la sua inesauribile pace, per dirla alla Neruda.
Grazie zia, non te l’ho detto mai e mai più te lo potrò dire, grazie per le merende di pane e olio, la comunione laica dell’uomo.

The pursuit of happiness

La mia generazione ha amato l’America. Siamo cresciuti col mito dell’America. Abbiamo masticato le Brooklyn, abbiamo guardato praticamente solo film e telefilm americani, abbiamo visto Hazzard, Magnum P. I., Mork e Mindy, Starsky e Hutch, e tantissimi meravigliosi film che ci hanno fatto sognare, abbiamo visto ET, i Goonies, i Gremlins, i Ghostbusters, fatto a pugni con Rocky Balboa e volato con Tom Cruise su un F-14 Tomcat, esplorato le fogne di NY con le Tartarughe Ninja, conosciuto il Far West con Rin Tin Tin e i fumetti di Tex, vestito Denim e Wrangler, letto Hemingway e Whitman, fumato una sigaretta sognando di essere l’uomo Marlboro e poi abbiamo ascoltato musica meravigliosa di americani meravigliosi, dai Creedence, a Bob Dylan, a praticamente tutti i grandi successi degli anni ottanta.Siamo cresciuti col sogno americano appiccicato addosso, noi che l’America è lontana, dall’altra parte della Luna. La terra dove tutto è possibile, the land of opportunities, dove ogni uomo ha il diritto a “life, liberty and the pursuit of happiness”, vita, libertà e alla ricerca della felicità.Ho sempre trovato meravigliosa questa espressione della carta costituzionale americana : la ricerca della felicità, un concetto così poco istituzionale e giuridico, così tanto potente, creativo e filosofico.Siamo cresciuti qui, in Sicilia, a Terrasini, provando a essere americani senza l’America, perché l’America l’avevamo dentro e non importa se giravi con una Duna scassata per le strade di paese, se con la testa eri alla guida di una Mustang sulla Route 66, e non importa se litigavi su chi doveva fare l’indiano e chi il cowboy, quando giocavi con gli amici nella tua stanzetta o tra le trazzere polverose che ti sembravano la Monument Valley.Eri un americano e basta. Senza passaporto. Poi siamo cresciuti e abbiamo scoperto i George Floyd d’America. Abbiamo scoperto il male di essere americano, ci siamo chiesti se l’America che conoscevamo non era che una luminosa scenografia di un teatro di burattini, e quando è arrivato George Floyd a strappare il cielo di carta di questo teatrino, il male è entrato nella scena, come un soffio, come un respiro strozzato da una compressione forzata della trachea, come una scarica di una sedia elettrica, come lo stantuffo di una iniezione letale di cloruro di potassio, come il waterboarding che ti mozza il fiato, come uno sparo a Columbine, come quando non riesci più a respirare e dici I can’t breathe.Vorrei non avere mai incontrato George Floyd perché volevo essere americano senza l’America. Senza strappi. Alla ricerca della felicità. Ma George, Cristo, quanto avrei voluto che tu fossi vissuto nella mia America e non nella tua.

Dantedì

Oggi è il #dantedì la giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri

Dante ancora oggi è attualissimo e probabilmente lo sarà anche fra tremila anni, il suo messaggio è universale perchè parla all’uomo, indaga l’animo umano nelle sue debolezze e nelle sue qualità, spronandoci a essere migliori.

Nel primo canto de l’Inferno, ad esempio, il poeta tentando di uscire dalla famosa “selva oscura” trova sbarrato il passo da tre belve: una lonza (una sorta di lince), un leone e una lupa. Le fiere, specie la lupa, spaventandolo, lo costringono ad arretrare nel buio della selva, ma in suo aiuto accorre Virgilio, il grande poeta latino, il quale gli spiega che per salvarsi la vita dovrà fare un altro percorso: la lupa infatti uccide chiunque incontri, insaziabile, fin quando verrà uccisa da un “veltro” (un cane da caccia), che porterà all’Italia la salvezza.

Detta così non significa niente vero?

Bene, proviamo a dare un significato, ad andare oltre al testo:

– la selva oscura rappresenta il buio della ragione.

– le tre fiere rappresentano la lussuria (lonza), cioè l’attaccamento ai beni terreni; la superbia (leone); e l’avarizia o la cupidigia (lupa), la più pericolosa di tutte.

– Virgilio è la ragione umana.

– il veltro (il cane da caccia) rappresenta la via che conduce alla salvezza dell’uomo e dell’Italia (quindi del mondo) perchè esso si ciba di ” sapïenza, amore e virtute”.

Adesso che sappiamo orientarci raccontiamola meglio:

Quando l’uomo si fa trasportare dalle passioni malsane perde la ragione ed è in balìa dei peggiori vizi. Siamo attaccati alle nostre cose in maniera malata, egoista; diventiamo superbi perchè ci sentiamo migliori degli altri, desideriamo sempre di più: potere, denaro, prestigio sociale, fama. Diventiamo corrotti e avidi. Perdiamo di vista i veri valori della vita.

Ma, nel momento più nero della nostra vita, c’è sempre la ragione che può tirarci fuori dai guai; c’è la ragione che può mostrarci il sentiero giusto da seguire. E la via da seguire passa attraverso la conoscenza e lo studio (sapere è potere), il rispetto delle regole e, naturalmente, l’amore. Amore per se stessi e per gli altri.

Solo così potremo salvare noi stessi, l’Italia, il mondo, dal triste destino verso cui siamo diretti.

Ed è così che, anche in tempi bui come questi, dobbiamo fare affidamento alla ragione, non lasciarci trasportare dalla paura, dalla rabbia, dall’avidità. Solo così saremo in grado di uscire dalla selva oscura dei giorni in cui stiamo vivendo e potremo finalmente uscir “a riveder le stelle”.

Buona lettura

«A te convien tenere altro viaggio,»

rispuose, poi che lagrimar mi vide,

«se vuo’ campar d’esto loco selvaggio;

 

ché questa bestia, per la qual tu gride,

non lascia altrui passar per la sua via,

ma tanto lo ’mpedisce che l’uccide;

 

e ha natura sì malvagia e ria,

che mai non empie la bramosa voglia,

e dopo ’l pasto ha più fame che pria.

 

Molti son li animali a cui s’ammoglia,

e più saranno ancora, infin che ’l veltro

verrà, che la farà morir con doglia.

 

Questi non ciberà terra né peltro,

ma sapïenza, amore e virtute,

e sua nazion sarà tra feltro e feltro.

 

Di quella umile Italia fia salute

per cui morì la vergine Cammilla,

Eurìalo e Turno e Niso di ferute.

 

Questi la caccerà per ogne villa,

fin che l’avrà rimessa ne lo ’nferno,

là onde invidia prima dipartilla.

 

 

Inferno, Canto I, 91-111

Hanno ammazzato Paolo. Paolo è vivo.

Hanno ammazzato Paolo. Paolo è vivo.
Hanno ammazzato Paolo ed è la cruda realtà. Perchè nessuno potrà mai restituircelo: nessun pentimento, nessun ricordo, nessun processo, nessuna fiaccolata, nessun linciaggio sui social o davanti le caserme, nessuna vendetta potrà mai farlo.
Ma Paolo è vivo.
Paolo è vivo nelle parole della madre, nella sua sete di giustizia ma non di vendetta, nella sua fame d’amore e non di odio, nella sua richiesta ai giovani di vivere una vita degna di questo nome.
Paolo è vivo nei suoi amici, quelli veri, quelli che all’odio e all’ignoranza preferiscono verità e giustizia, quelli che fanno fronte comune contro paura e omertà.
Paolo è vivo in tutti noi che siamo stati figli e che la sera uscivamo perchè la giovinezza è l’età spensierata, perchè c’è tempo per i problemi della vita ed è bello non avere alcun pensiero che non sia “dove ci vediamo stasera?”
Paolo è vivo in tutti noi che siamo genitori, lacerati dalla voglia di proteggere i figli dal male che c’è nel mondo e insieme dalla necessità di farli uscire dal nido perchè abbiano la libertà di vivere, amare, anche sbagliare.
Paolo NON VIVE però in una comunità omertosa, perchè dove c’è omertà e silenzio non c’è giustizia. Paolo vive in coloro che in questi giorni sono andati dalle forze dell’ordine a testimoniare il loro doloroso ricordo per dare il loro contributo di giustizia.
Paolo NON VIVE nella rabbia, nell’odio e nel desiderio di vendetta di alcuni secondo i quali la vera giustizia è quella dell’occhio per occhio, perché con occhio per occhio diventiamo tutti CIECHI. Paolo vive in chi ha fede nella giustizia giusta, quella per cui chi sbaglia paga e paga secondo le regole, e le regole sono universali, valgono per tutti, non poco per alcuni e troppo per altri.
Paolo NON VIVE nelle minacce da tastiera, negli sfogatoi on line e off line, negli insulti inutili e vuoti che alimentano solo un odio fine a se stesso. Paolo vive nelle parole laiche e cristiane dei familiari che perdonano ma pretendono certezza della pena : concetti altissimi che, detti in momenti di profondo dolore, denotano una nobiltà d’animo veramente fuori dal comune.
Paolo NON VIVE in chi esce la sera col coltello in tasca, che sia per esibizionismo o per farne uso. Vive in chi la sera esce con un fiore per la fidanzata o con una bottiglia da dividere con gli amici. Non vive nel branco perché il branco non ragiona ma attacca con istinto e crudeltà animaleschi, vive nelle comitive perché sa che c’è sempre un amico di cui fidarsi che ti protegge, ti rimprovera se sbagli e ti porta via.
Paolo NON VIVE in chi punta il dito in cerca di responsabilità, perché se la responsabilità è personale, le colpe di queste violenze vanno divise e tutti ne portiamo un pezzetto, ognuno per la nostra parte, ognuno per quello che ha fatto o per quello che non ha fatto : pochi controlli di polizia, alcool facile per tutti, famiglie che lasciano i figli allo sbando, scuole, atteggiamenti, culti della personalità, mode e modelli sbagliati. Ma Paolo vive nell’esempio che dobbiamo dare noi stessi alla società, perché se la colpa è di tutti, alla fine non è colpa di nessuno.

Essere genitori, figli, amici, uomini e donne che, attraverso comportamenti, fatti, esempi, migliorano la società e in primo luogo noi stessi, con la speranza che la lezione di Paolo non sia vana, perché in tutto questo, anche se hanno ammazzato Paolo, Paolo è vivo.

Il convivio degli dei

Sul monte Olimpo, nel bel mezzo di uno dei tanti interminabili banchetti, il gran padre Zeus, venutigli a noia Nettare e Ambrosia, il prelibatissimo cibo degli dei, chiese ai fratelli, ai suoi figli e a tutta l’olimpica stirpe di trovargli da mangiare qualcosa di veramente divino.
Il fratello, Poseidone, tornò dagli abissi con le acciughe, che tra gli uomini si usava conservare sotto sale.
Demetra, dea delle messi, gli donò una focaccia di grano morbida e calda proveniente dalle sterminate distese dorate dell’isola di Trinacria.
Asclepio, dio della salute, chiese alla figlia Panacea la più profumata delle sue erbe curative: la dea gli consegnò dell’origano.
La divina moglie Hera gli donò il prelibato frutto dell’animale a lei sacro, la vacca, ovvero una forma di formaggio.
Infine la figlia prediletta, la dea Atena, tornò dal mondo degli uomini con un’ampolla piena di un liquido denso, verde smeraldo, frutto della fatica degli uomini che raccoglievano e lavoravano i frutti del suo albero sacro : l’olivo.
“Con questo, padre, cospargerai tutti i cibi che hai ricevuto e li renderai divini come la nostra natura”
Fu così che nacque la prima muffuletta cunzata, ed è per questo che ogni volta che la mangiamo ci sentiamo così simili agli dei.

Unpopular opinion

I primi sono dei giocatori di football americano nel corso della protesta nonviolenta del #TakeAKnee : si mettono in ginocchio durante l’esecuzione dell’inno nazionale per protestare contro le violenze della polizia verso gli uomini di colore.
I secondi sono calciatori della nazionale turca durante un’esultanza. Fanno il saluto militare in appoggio alla campagna del regime di Erdogan nel Kurdistan siriano.
Si dirà, giustamente: sono due cause diverse, gli uni contro la violenza e gli altri a favore della guerra. Ed è vero.
Eppure entrambi i gesti, nel bene e nel male, sono atti politici. Gli stessi atti che i commentatori della foto dei turchi stigmatizzano, dicendo che la politica dovrebbe stare lontano dai campi di gioco, ponendo così in un unico calderone le due situazioni.
Non è la politica a dover stare lontano dai campi, anzi. Un fatto politico come il #TakeAKnee è servito a sensibilizzare l’opinione pubblica verso uno scopo nobile. Per quanto riguarda i turchi, ce ne faremo una ragione. La propaganda di guerra non è certo una invenzione odierna.

I rubli di Bibbiano

Da molti giorni vedo continuamente post condivisi da molti miei contatti su “Bibbiano”. Dalle condivisioni si evince che a Bibbiano (che scopro essere un piccolo comune in provincia di Reggio Emilia) alcuni soggetti in complicità col PD si siano messi a rubare bambini. Si lamenta il silenzio sulla faccenda dei grandi media e dei tg, insomma pare davvero una faccenda gravissima: se il PD si mette pure a rubare bambini la cosa è davvero molto grave. Dunque decido, come faccio sempre prima di lanciarmi in analisi su Facebook, di far decantare la notizia e di informarmi su fonti attendibili e certe per separare quelle che – vedremo – sono bufale e propaganda politica dal fatto di cronaca.
Mettiamo in fila un po’ di FATTI:
Cosa è successo: sono state arrestate delle persone, accusate a vario titolo. Un filone delle indagini, chiamiamolo amministrativo, indaga il sindaco PD della cittadina e altri funzionari, accusati di abuso d’ufficio e falso ideologico (il reato per cui erano stati indagati, giusto per fare un esempio, Virginia Raggi e Chiara Appendino): semplificando, avrebbero aggiudicato alla onlus Hansel e Gretel (accusata nell’altro filone delle indagini) il servizio di psicoterapia senza fare una gara pubblica, creando così un danno patrimoniale all’ente.
L’altro filone riguarda presunti abusi sui bambini. E’ legato alla onlus Hansel e Gretel che, secondo l’accusa, manipolava i minori per garantire affidamenti a terzi, facendo emergere racconti di falsi abusi commessi dai genitori per allontanarli dalle famiglie. Psicologi, assistenti sociali e terapeuti effettuavano una sorta di lavaggio del cervello ai piccoli in modo da evocare abusi inesistenti e il conseguente allontanamento dalle famiglie.

Questi ad oggi sono i FATTI.

Fatti gravi, su cui è bene fare luce e fare giustizia. La magistratura lo farà certamente e in silenzio. Va ricordato comunque che si sta parlando delle carte dell’inchiesta. Ma in un sistema democratico una inchiesta non è una sentenza. Le sentenze si fanno in tribunale, quindi, al momento queste persone sono indagate e innocenti fino al terzo grado di giudizio. A chi non piace la cosa vada a vivere in Corea del Nord.
Ricordate Kevin Spacey? Una vita e una carriera rovinata da denunce e processi che – notizia recente – si sono risolte con un nulla di fatto. Stiamo attenti quindi ad esprimere giudizi, stiamo attenti a condannare sull’onda dell’indignazione perchè può capitare a tutti, non solo a Kevin Spacey, di aver la vita rovinata da un’accusa ingiusta.

In tutto questo, però, c’è un fattore in più: la politica.
La politica si è impossessata del fatto di cronaca. Perchè?
Perchè Di Maio parla del PD come del partito di Bibbiano (verrà probabilmente querelato e se non si avvarrà dell’immunità finirà in tribunale)?. Perchè Salvini parla continuamente di Bibbiano? Sarà pure un fatto di cronaca grave, ma in fin dei conti, ogni giorno ce ne sono tantissimi altri della medesima gravità: omicidi, violenze su donne, bambini sono – ahimè – all’ordine del giorno.
Perchè una galassia molto ampia di pagine Facebook ben precise e identificate, appartenti ad ambienti di estrema destra, sovraniste, complottare e bufalare, negli ultimi giorni martella i social diffondendo clamorose bufale su Bibbiano (fonti alla fine del post)?
Ve lo dico io: la DISTRAZIONE DI MASSA.
Lo scandalo della presunta maxitangente del Metropol che ha inguaiato Salvini si arricchisce sempre più di particolari? I 69 milioni della presunta mazzetta concordata da Savoini, che Salvini prima nega di conoscere per poi essere vergognosamente smentito da una marea di documenti video e foto, creano un problema al governo?
Cosa c’è di più semplice? Spostiamo il discorso su un fatto di cronaca che coinvolge bambini per scostare l’indignazione popolare. Se poi un’amministratore PD è in qualche modo coinvolto nella faccenda è perfetto: diventa l’orco molestatore nell’immaginario collettivo.
Concludo questo lungo post invitando i miei contatti a un uso di Facebook più consapevole: non siamo in un tribunale. I processi non si fanno su Facebook (dove tutti sono colpevoli fino a prova contraria), le notizie vanno verificate, analizzate, ponderate prima di essere condivise, perchè ci sono pagine, gruppi di potere, persone senza scrupoli che utilizzano la notizia falsa per guadagnare denaro, potere e fomentare odio verso dei bersagli ben stabiliti. Il tutto grazie agli allocchi che ci cascano continuamente.
Mala tempora currunt.

Fonti:

Scandalo affidi a Reggio Emilia, le intercettazioni choc: come manipolavano i bambini

A Bibbiano il sindaco e i suoi non erano orchi, ma nemmeno santi

Cosa c’entra il sindaco Pd di Bibbiano con i bambini portati via dalle famiglie

Bibbiano, i nomi dei ba****di

“Claudio Foti psicologo imbecille di Bibbiano legato al PD, terrorizzava i bambini”, ma è stato scarcerato

“Questa è F. B., la lesbica implicata nei fatti di Bibbiano. Voleva imporre un orientamento sessuale alla bimba”

“Bibbiano, gli affidi illeciti alle coppie gay e il silenzio della stampa radical chic”